La ricerca di nuove forme di vita nello spazio deve diventare più creativa. L’equazione acqua uguale vita potrebbe essere riduttiva, o addirittura obsoleta, e impedirci di osservare organismi diversi, “strani”, che magari per sopravvivere sfruttano sistemi diversi da quelli a noi noti ed osservabili sulla Terra.
A lanciare l’appello per un approccio più aperto, meno dogmatico alle esplorazioni spaziali è un gruppo di scienziati americani in un rapporto del National Research Council, commissionato dalla Nasa all’organismo indipendente, che fornisce consulenze al governo americano in materia scientifica.
Quelle che gli scienziati definiscono proprio forme di vita strane, weird life, nel rapporto “The limits of Organic Life in Planetary System”, potrebbero, ad esempio, non usare l’acqua come elemento fondamentale per la sopravvivenza, ma altri liquidi considerati improbabili, come l’ammoniaca. O non utilizzare il DNA o l’RNA per codificare le informazioni di base che permettono loro di replicarsi e di mutare, come accade invece per le forme di vita sulla terra; o ancora, non sfruttare neppure quelle molecole che normalmente consideriamo la base della vita. E il rischio di un approccio che segue esclusivamente il noto è di non farci riconoscere organismi di tipo differente, anche se ci stanno davanti agli occhi. (Continua…)